sabato 4 giugno 2016

Sanità e Santità (32)

ECG fatto! e cosa mi chiede innanzitutto l’ecografista? ha fatto radioterapia ultimamente? ma mica avevamo parlato di cancro eh? questo non fa che confermare (semmai ce ne fosse ancora bisogno) che radio e chemio terapie i “regalini indesiderati” li lasciano eccome, e sono pure indelebili! “persiste il versamento pericardico”. E inoltre abbiamo raggiunto anche un grado moderato per la sclerosi valvolare dell’aorta. Azz! (tenere sotto controllo).
Durante l’esame le dico che proprio nella parte laterale del torace, dove continua a spingere per controllare per bene (molto scrupolosa devo dire), mi fa male in particolar modo.
“Ma... ha avuto anche un versamento pleurico?”
“Beh sì...” e le racconto della crioablazione, quindi dopo aver visionato la parte che interessava l’esame in questione, mi chiede di sedermi e mi controlla il versamento pleurico.
“Questo non è lo strumento giusto, ma da quel poco che posso vedere devo dirle che un pochino di versamento ancora c’è. Dovrà fare una lastra per controllare meglio”. Ovviamente non sa che da lì ad una settimana ho l’appuntamento per la tac.

oh oh “un pochino di versamento ancora c’è”.
Ecco che mi tornano in mente tutte le volte che ho detto “faccio solo questo, che sarà mai!“ (una lavata al pavimento della cucina, il cambio lenzuoli, una passata di aspirapolvere, una lavata di piatti, una prova di guida “solo per qualche chilometro”, fino ad arrivare al cambio di stagione...). E mi tornano in mente anche le raccomandazioni (orali e scritte) del dottor Carmignani: “Stia a riposo”.
mmmmhhh
So che ci vuole riposo perché il versamento si riassorba, però (tanto per gradire) anche un fatto inaspettato accade quando esco per tornarmene a casa: la macchina non da più segni di vita. Cacchio!
Sicuramente è un “problema di elettricità”, non si accende neanche il quadro. M. vuole controllare i morsetti della batteria che non si siano allentati. Presto si rende conto che no, non è colpa dei morsetti allentati... Sono ben stretti.
Non abbiamo dubbi sul fatto che dobbiamo tornare a casa con l’unico mezzo che abbiamo per spostarci, quindi è deciso: in un modo o nell’altro la faremo ripartire.
Aiuto M. a spostare l’auto più in là. Pure essendo in due non ce la facciamo subito, ci vuole più di un tentativo (io non ce la metto tutta... mi fa male il torace).
C’è un ragazzo proprio lì davanti a noi, in attesa alla fermata dell’auto. Ci da una mano.
Ora sono alla guida per cercare di metterla in moto mentre loro spingono, ma non ci riesco. Cacchio!
Il ragazzo suggerisce a M. di mettersi alla guida. Non mi vede proprio adatta alla manovra dell’accensione a spinta, ma non è tutta “colpa” della mia “incompetenza”: la batteria è bruciata, scopriremo più tardi, completamente scarica!
Cambiano le postazioni. M. alla guida, il ragazzo spinge, e io? gli do’ una mano. Cacchio!
Neanche M. riesce a metterla in moto. Qui ci vuole un aiutino con i cavi. Abbiamo già provato a chiedere a qualche automobilista ma non sono stati molto altruisti.
Siamo su strada, dobbiamo accostare. Adocchiamo una piazzola dove c’è la fermata del bus. Resto in macchina mentre M. parte alla ricerca di qualcuno che ci aiuti a metterla in moto con i cavi. Trova un’anima pia con un furgone, quindi pure con una batteria potente. Dobbiamo “solo” entrare nel parcheggio ma è un po’ in salita. Altra fatica per il povero M. che gli tocca spingere mentre io sono alla guida. Il ragazzo è ormai salito sul suo autobus.
Raggiungiamo la posizione con inevitabile stress psico-fisico al seguito. Il furgone arriva. Si attaccano i cavi e... pure così a primo acchitto non si accende. Cacchio!
Ci vogliono almeno tre tentativi e alla fine l’auto si mette in moto. Possiamo tornare a casa!

Queste cacchio di batterie “moderne” ti lasciano per strada così, di punto in bianco. Non è che si comportano come le “vecchie” che almeno un minimo di avvisaglia la davano dando segni di “asma” quando stavano per scaricarsi.
Continuo a pensare che niente nella vita capita per caso (...) e che anche questo inconveniente avrà il suo perché (che ora davvero mi sfugge!).

Tra una settimana a Roma per la tac. La batteria è stata ovviamente cambiata e la macchina ora è bella che funzionante.
Arrivederci alle prossime avventure di Ten Ten


Bene, bene. Il 3 giugno è arrivato e alle 9.30, puntuale come un orologio svizzero, mi sono recata all’appuntamento per eseguire la Tac.
Sapete a che ora è toccato a me? Alle 11.45. Ed è stata una cosa talmente veloce che nemmeno mi hanno avvisata quando è stato il momento di iniettare il contrasto (di solito lo fanno), inoltre ora ho anche dei dubbi se hanno fatto quanto richiesto nella ricetta medica (tac trifasica).
L’impressione che ho avuto del San Camillo è stata la stessa di dieci anni fa: non è cambiata.
Cacchio!
E sapete perché sono riuscita finalmente a sottopormi all’esame dopo ben due ore oltre l’orario dell’appuntamento? Perché ho cominciato a spazientirmi, cosicché ne è nato un piccolo comizio fuori in sala d’attesa.
Facevano passare tutti coloro che si erano presentati dopo di me così, tra una sbuffata e un’altra, appena uscita l’infermiera a chiamare (non me) ho dovuto bloccarla e chiederle se fossi in lista!!
Cosa è diventato quell’ospedale con quei lavoranti svogliati, nervosi, e anche un po’ lascivi?
E’ bastato poco perché la mia spazienza (nuova parola per la crusca eh eh eh) si trasformasse in una lamentela collettiva...
Tutti avevamo sentito urlare l’infermiera in sala tac contro un altro infermiere che aveva introdotto una degente non deambulante (la stava conducendo distrattamente in realtà, perché oltre a far sbattere la barella alle porte di entrata, a momenti trancia pure le gambe di un utente seduto in attesa di sottoporsi all’esame): “porta via questa barella!!”.
Porta via questa barella?? ma guarda bene che sopra c’è una signora dalla veneranda età: non è una barella, è una degente e la stai pure spaventando!
“Non vedi che abbiamo un problema qui?” azz!! e mo’ che sarà mai ‘sto problema... se sarà mica scassato il macchinario?! Ma no, non si trattava di questo. Poco dopo vediamo uscire la signora che era entrata ben tre quarti d’ora prima, con un braccio fasciato e un po’ dolorante. Un fuorivena. Cacchio!!
Nel frattempo, uscita la signora richiamano la barella con la signora anziana, ma questa volta l’infermiere aggredito verbalmente vuole farsi aiutare da un altro che sta parlando con una ragazza (veramente sta facendo il salame!), e disturbato dal richiamo d’aiuto cosa gli risponde: “aho’ ma guarda che io mica sto a cottimo qua eh!?” così all’unisono pensiamo “aho’ ma guarda che tu stai a lavorà in un ospedale mica dietro ‘na scrivania, eh!?”
E questa è soltanto una piccolissima parte di quanto ho visto in tre ore di attesa in quella struttura ospedaliera!
Vabbeh, me devo fa ‘sta tac di controllo...
Finalmente tocca a me. Entro. Consegno il foglio di responsabilità che mi hanno fatto firmare (che non è quello delle informazioni sulle allergie) dove c’è scritto che il medico (puntini puntini da compilare) mi aveva informata dei rischi. Tra me e me penso, ma pure a voce alta eh!? “e chi ci devo mettere che a momenti neanche un infermiere ho visto ancora se non quello dell’accettazione?” lascio in bianco! (e male ho fatto! perché così gli ho dato modo di compilarlo dopo, invece dovevo barrare, metterci una croce su...)
Consegno le analisi del sangue e neanche me le guardano (che stress che c’ha addosso ‘sta qui!), forse perché in sala c’è un’altra infermiera (fa parte dell’altra sala tac, quella di fronte) che sa che fuori aspetta una utente “raccomandata” e lo sta dicendo all’infermiera già stressata di suo. #ah’nnamobene
Penso che sono passata da una struttura ospedaliera con un modus operandi pure troppo scrupoloso (dove non mi hanno sottoposto a tac per timore di allergie) ad un’altra con un modo di fare completamente opposto! Per non parlare poi del fatto che nel  primo ospedale mi avrebbero fatta attendere, dopo l’inserimento dell’ago cannula, che avessi finito di bere il mio litro di acqua, nel secondo ospedale non lo avevano neanche accennato alla necessità di bere acqua prima e dopo l’esame. E’ stato facile constatare che non era prassi farlo: ero l’unica sorseggiare acqua in attesa del mio turno. Poi mi sono decisa a chiederlo agli altri utenti, durante il “comizio”.
“A me non hanno detto niente!”
“Neanche a me”
(...)
Evvabbeh, spevatelo! bisogna berla ‘sta benedetta acqua in modo che poi il contrasto iniettato venga espulso quanto prima perché va a gravare sui reni, e non solo!

Dopo aver sbirciato distrattamente e avermi lanciato indietro il responso delle analisi del sangue, l’infermiera mi pone la domanda di rito: “perché fa questo esame”?
“Per controllo post cryo” rispondo secca. Si apre una finestrella...
“Cioè?” mi fa di primo acchitto, poi per non apparire ai miei occhi troppo a digiuno sull’argomento mi chiede gli esami precedenti. E da qui cominciano le domande a tambur battente, e io elargisco informazioni tenendo il ritmo.
"E quindi ora farà il controllo e poi andrà a Pistoia..."
"No, beh non c'è bisogno che arrivi a Pistoia per ..." non mi fa finire.
"Ma come? non glie la fa vedere la tac?"
"Certo che sì, ma gliela posso inviare via email, non c'è bisogno che ci vada personalmente a portargliela".
L'infermiera mi ripete la domanda ma formulata in altro modo e aggiunge: "ma non vuole sentire il suo parere...?"
Evidentemente non ha capito che con la rete si può fare anche questo, e così le rispondo:
"Gliela invio tramite posta elettronica, che tanto ci sentiamo spesso anche a 300 chilometri di distanza tramite la rete. E poi, se proprio dovrò andare, ma spero di no per motivi di salute, perché entrambi ci auguriamo che abbia inglobato tutto, ci andrò e semmai fosse il caso ripeterò il trattamento. Certo, è chiaro che preferirei più andarci per una visita di piacere..."
Visibilmente meravigliata, l'infermiera procede all'inserimento dell'agocannula e mi porta in sala tac.
L’esame si svolge in fretta.
Il medico si scarica il contenuto cd della tac-cryo e me lo restituisce.
Gli chiedo se può dirmi soltanto se ancora persiste il versamento pleurico ma nada! niente da fare neanche dopo una seconda richiesta: “le immagini sono grezze, non si vede... bisogna confrontarle con le altre...”
Rimpiango un po’ di non essere andata a Pistoia dal Carmignani a fare questo esame... Ma ok, è andata così, probabilmente dovevo fare questa esperienza, dovevo andare fino in fondo con la struttura ospedaliera alla quale mi sono sempre rivolta, nella quale ho trovato sempre gli stessi medici e infermieri che ormai trovo siano “cotti” e stanno contribuendo a lasciar morire il San Camillo,ospedale di eccellenza una volta!


Responso: tra una settimana.

Sanità e Santità (31)

E così, tra ricerche quasi infruttuose sul web (tra cui anche molte recensioni negative sull'ospedale San Jacopo che a momenti mi facevano desistere) e tanti dialoghi con il dott. Carmignani il fatidico giorno è arrivato:

30/3/2016: Partenza per Pistoia. Arrivo all'ospedale S. Jacopo poco prima delle 14.00. Incontro prima di tutti il dott. Carmignani. Insieme arriviamo al reparto week surgery. Consegno le ultime analisi e  referti (il resto lo avevo inviato via email) e ci accordiamo sul ricovero per l'indomani mattina.
In verità avrei dovuto ricoverarmi nel pomeriggio stesso (così eravamo rimasti un paio di settimane prima), ma considerato che non dovevo fare altre analisi/visite si è potuto fare per l'indomani, venendo così incontro anche al desiderio del mio compagno di non pernottare da solo al B&B la prima sera e anzi, approfittarne per fare i turisti almeno mezza giornata. Non siamo mai stati a Pistoia prima d'ora.

31/3/2016: Alle 07.43 arrivo al S. Jacopo. Dal centro città, una volta giunti alla stazione (circa un paio di km) si prende il bus-navetta (la linea H al costo di 0,90 cent per un  biglietto a/r) e si arriva in pochi minuti direttamente davanti l'entrata principale dell'ospedale (dalla stazione dista un paio di km).
In men che non si dica ho fatto la visita anestesiologica (anche se non avrei fatto l'anestesia totale perché la cryo non la richiede) e una visita medica generale, poi mi hanno riportata al week surgery e li ho atteso fino alle 13.30 circa.
Giù in radiologia mi aspetta il dott. Carmignani per il trattamento.
Nel frattempo mi era scoppiato un gran mal di testa (ci soffro), ma talmente forte che stavolta mi venivano i conati di vomito. Preoccupante per me, ma non troppo per loro: daje! ... flebo di tachipirina e dopo poco il mal di testa sparisce (sarà che non la prendo mai ma ha funzionato!!), subito dopo in flebo due antibiotici pre-cryo e sono pronta per cominciare. La sala dove è situata la TAC aperta è stata preparata. Ci entro completamente sveglia, cosciente, consapevole... e senza mal di testa!
Non ho paura nonostante la vista della strumentazione medica proprio nella direzione in cui ero girata (stavo sdraiata sul fianco destr... avanti march!!)
Si comincia con le raccomandazioni di restare immobile, e dunque con il centraggio. Collaboro con la respirazione mentre si fissano le coordinate con degli aghi che poi ospiteranno le criosonde (il dolore può essere simile a quello prodotto dall'agopuntura).
Entro ed esco dalla tac aperta durante questa fase, in modo da essere certi fino all'ultimo della centratura dei punti dove inserire i tre cryo aghi. Il dolore è sopportabile. Poi comincia il trattamento (durante il quale invece, non pativo alcun dolore): per due volte viene congelata e scongelata la massa.
Finito il trattamento, un cerotto sui buchetti e via. Una lastrina di controllo, e poi mi riportano in camera.
Sono scesa in radiologia alle 14.00 sono tornata in camera alle 16.30 ma il trattamento in sé non è durato così a lungo, come vi ho spiegato. In questo lasso di tempo abbiamo fatto un sacco di cose, compresa una chiacchierata!
Sapevo che questo trattamento avrebbe potuto causare un pneumotorace, così come d'altronde avrebbe potuto causarlo la FNAB (agobiopsia). Ho poi saputo che su tre aghi, uno solo, in uscita (quindi a fine trattamento), ne ha causato un piccolissimo che si è riassorbito da solo dopo tre/quattro giorni.
Durante il trattamento, dovendo restare immobile, non ho avuto il coraggio di tossire (mi sono trattenuta alla grande) pur sentendo di dover espellere/espettorare. Quindi è successo che ho accumulato “liquido” nel polmone (...)
Tornata in camera mi si sono raccomandati di non alzarmi, ma me la stavo facendo sotto in senso letterale. Ok. Padella per il momento, ma poi mi sono ritrovata nella stessa situazione nel bel mezzo della notte e così mi sono seduta sul letto prima di scendere. Sono rimasta così qualche minuto per vedere se mi girava la testa. Mi sono poi convinta che potevo farcela e quindi sono scesa e andata in bagno. Fatto tutto sono tornata a letto e qui, in pochi minuti ho cominciato a sudare freddo. Non avevo il campanello a portata di mano e sinceramente neanche ce l'avrei fatta a cercarlo perché ormai stavo malissimo.
Per caso passa una infermiera giovanissima ma davvero in gamba. Si accorge subito che qualcosa non va e si avvicina. Si rende conto della situazione e corre a chiamare le colleghe. In men che non si dica mi ritrovo tre infermiere intorno, ognuna a svolgere una mansione, ma mi è sembrato avessero 4 mani ciascuna! chi mi prendeva la pressione (60/40 e battiti a 75 io che normalmente li ho a 100 circa!!), chi mi alzava i piedi del letto per ripristinare la pressione, chi mi asciugava il copioso sudore, chi mi iniettava tachipirina (e pur se con un fil di voce dicevo che non volevo stare giù perché mi veniva da vomitare), subito dopo mi iniettavano il plasil e una fisiologica ...
Insomma, alla fine riesco comunque a vomitare/espettorare e così (liberato il polmone) mi sento molto meglio).
La pressione rapidamente si riassesta (110/60) e la frequenza cardiaca torna alla mia normalità (100).
Mi riaddormento serena e ristorata.
Nei giorni a seguire ho espettorato sangue ancora un po' ma era proprio tipica espettorazione. Questo è durato qualche giorno e via via è andato scemando sempre più, fino ad arrivare al giorno 6 (espettorazione assente), quando vengo dimessa poiché era rientrato anche il piccolo versamento e pneumotorace.

La mia convalescenza sarà inevitabilmente più lunga del previsto in quanto si è praticato il trattamento su un polmone già toccato chirurgicamente (e anche con la radioterapia), quindi i “disturbi” che ho possono continuare ancora per un po' e in gran parte sono legati al fatto che si è appunto operato su un polmone anatomicamente mutato, con aderenze pleuriche che hanno fatto parzialmente saccare sia il pnx che il piccolo versamento pleurico. Ma dovrebbero essere sufficienti un po' di pazienza e riposo... solo che io non riesco a stare troppo tempo ferma e qualcosa qua e la comunque la faccio... (l'ho già detto che sono incorreggibile e sconsiderata?)

E certo che tra la FNAB (solo prelievo) e la cryo (ablazione), con lo stesso rischio da correre, ho preferito sottopormi alla seconda.
Seduta stante avrei potuto pure farla fare lo stesso la biopsia (prima ancora di cominciare il trattamento), ma alla fin fine ho scelto di non farla perché comunque sia il rischio di spargere cellule in giro c'è (checchè se ne dica che sia solo una leggenda metropolitana, il rischio esiste. Sarà pure basso, ma c'è. E allora, ho pensato, chissenefrega della biopsia!).
Orbene, la massa di oltre 5 cm è stata come circoscritta in un bozzolo. Quindi ora si attende la necrosi, la cicatrizzazione e la diminuzione della stessa. In sostanza, man mano che il tempo passa la massa si... come dire... (ma sì, lo dico alla romana:) "se rinseccolisce" (ecco!) non essendo più viva.
Dunque, per rispondere one more time alla domanda:
- ma poi una volta uccisa la massa tumorale si aspira e si porta via?
- no, non si porta via nulla, se ne va da sola col passar del tempo.

Nel mio caso la lesione (pre-cryo) era arrivata a cm 5,5 x cm 4,5 x cm 2,8 (post-cryo dovrebbe essere leggermente più grande perché viene sottoposto a trattamento anche una piccola parte intorno alla massa) e lo voglio segnalare perché devo ricordarvi che codesto trattamento è possibile farlo anche se la lesione fosse di cm 10. Sicuramente si applicherebbero più aghi! Ma c’è da dire che più grande è la lesione, maggiori sono le possibilità che il trattamento non riesca per bene, e cioè che non venga circoscritta nell’iceball tutta la massa in un sol colpo, però questo non è un problema grosso perché il trattamento si può ripetere.

Ad oggi devo dire che non mi sono pentita per niente di aver fatto di testa mia, anche perché le "possibilità" che mi davano qui (tra Roma e Latina) erano scarse e poco convincenti. Inoltre, chiedendo a quali rischi potevo andare incontro se pure mi fossi decisa di fare la radioterapia, mi è stato risposto (ma gliel'ho proprio dovuta strappare una risposta sincera eh?!) che alle brutte avrei potuto avere bisogno della bombola dell'ossigeno...
Aho'!
Che dire di più?! Che sono stata proprio contenta di aver conosciuto una bella persona qual è il dottor Carmignani: un medico a dimensione umana! Embèh mica poco eh?!

In conclusione, posso affermare che la mia esperienza con la cryo ablazione tumorale al San Jacopo di Pistoia, con il dottor Carmignani e con la gran parte delle altre persone con cui inevitabilmente sono venuta a contatto (infermiere, tecnici, altri medici) è stata molto positiva.
La comunicazione con il Carmignani non è mai mancata fin dal primo contatto. Inoltre le mie continue richieste di informazioni sono state sempre soddisfatte, e non per ultimo, ora so di poter contare sulla sua presenza anche oggi che son tornata a casa (eh si che siamo a 300 km di distanza!).
Chiaramente (come ho avuto modo di appurare in quella settimana) non tutti la pensano come me (anche) nei suoi confronti (probabilmente non si rendono conto del grande servizio che offre a persone con le mie stesse problematiche), solo che si tratta di quei pochi che "sputano nel piatto dove mangiano" (come dicevo prima) e trovano difetti in chiunque e ovunque, tranne che nel proprio modo di fare e di essere! quindi non posso tenere in considerazione la loro opinione, specialmente per il dove e il come mi è stata propinata. Sensibilità zero!
Evvabbeh... "così è se vi pare" alla fin fine, o no?!


In questi giorni di convalescenza ho avuto modo di visionare la tac effettuata durante il trattamento e devo dire che ho osservato con meraviglia almeno 9 "sparaflashate" che andavano a colpire la massa.
Poi, parlandone con il dottor Carmignani, mi ha precisato che:
"Le 'sparafleshate' che vede sono solo artefatti sulle immagini, virtuali 'sparate' di raggi X dovute all'indurimento che gli stessi raggi subiscono quando incontrano oggetti molto densi (come gli aghi, che sono di metallo). Sono appunto virtuali e non c'entrano niente con l'iceball, che dovrebbe vedere come un'immagine omogenea di grigio più intenso che si allarga sulla lesione. Abbiamo fatto in successione 4 congelamenti e 4 scongelamenti in due cicli (2+2) + (2+2) spostando i 3 crioaghi da un ciclo all'altro per coprire il più possibile."

Quindi quello che credevo di vedere era tutt'altro! Tuttavia è letteralmente visibile la parte dove sono stati posizionati gli aghi e quindi la corrispondenza della lesione. Anche ad un profano non sfuggirebbe, ma forse alla dottoressa fulmine sì che gli sfuggirebbe! (ah ah ah che cattiva che so').
Eh, dovete sapere che a distanza di tutti questi anni, e anche perché stanca del fatto che i medici non mi guardavano gli esami diagnostici effettuati ma si rifacevano solo al referto, ho imparato a visionare tac e pet. Non sono di certo una esperta (mica so' radiologa!) ma con la dovuta attenzione alla fin fine si riesce a capire qualcosa. Di questo devo ringraziare il dottor Manenti che 11 anni fa, quando tutto è cominciato, mi prese sottobraccio e mi portò nel suo studio a farmi vedere la tac mentre mi spiegava passo passo questo e quello. Una lezione che mi è rimasta impressa e sulla quale poi ho provveduto ad esercitarmi in tutto questo tempo trascorso fino ad oggi.
20 maggio 2016: Oggi avrei dovuto fare la prima tac di controllo post cryo...
Mi sveglio alle 5.00 del mattino per recarmi all'appuntamento delle 8.00 a Roma. Passo al cup, mi registro e mi reco in radiologia nucleare in perfetto orario.
Quando tocca a me, parlando con l'infermiera comincio (non so come e perché) a parlare dell'eparina e dell'effetto che mi fa (prurito e sonnolenza). Non l'avevo mai presa prima di un mese e mezzo fa, e quindi non lo sapevo se fosse normale o se non la tollerassi, ma all'infermiera è bastata la parola prurito per parlarne con il medico che avrebbe dovuto fare la tac. Morale della favola mi hanno mandata a visita anestesiologica perché "e se durante tutti questi anni a cui mi sono sottoposta a tac con mdc io fossi diventata più sensibile?" (per non usare la parola allergica) perciò per sicurezza, prima di farmi questo esame diagnostico, mi dicevano che dovevo fare una profilassi antisensibilizzante a base di cortisone e non so quale altro farmaco.
Vabbeh non se ne parla nemmeno che mi prendo il cortisone e altri farmaci e poi mi faccio iniettare pure il contrasto per la tac! e che è?! e se non lo sono, così ci divento allergica, aho'!
Informo loro che non li prenderò quei farmaci e lo dico anche alla anestesista (che mi spiega tutto durante la visita), così lei mi risponde che per fare lo stesso la tac quella mattina al massimo potevo firmare una liberatoria...
No, non se ne parla, mi risponde il radiologo quando ci torno e glielo riferisco. Lui non se la sente di prendersi questa responsabilità a rischio. Mi fa la tac se mi prendo prima le medicine.
Cordialmente ci salutiamo: lui mi fa i complimenti per la mia delicatezza... forse perché gli ho detto che comprendo il suo modus operandi e non vorrei essere proprio io a farglielo cambiare, e io gli rispondo che trovo sia un medico scrupoloso e coscenzioso.
Arrivederci, con una buona stretta di mano.
Torno a casa con un nulla di fatto, ma... niente nella vita capita per caso. Rifletto... se così è andata vuol dire che così doveva andare, che un motivo ci sarà perché è andata così, e quindi più di tanto non mi sento contrariata.
E così nel primo pomeriggio mi rimetto su internet a prendere un altro appuntamento, e già che ci sono, provo ancora una volta a prendere anche l'appuntamento (ormai famoso) per fare l'ecocardiogramma (è dall'agosto dello scorso anno che cerco di fissarlo ma senza successo... mi propongono sempre posti troppo lontani da dove abito io... ma come ci arrivo laggiù?). Ed ecco che stavolta trovo un appuntamento in settimana e vicino casa, e anche un nuovo appuntamento per la tac tra una decina di giorni in un'altra struttura (e stavolta però mi zippo la bocca!!). Comunque mi va bene anche così per la tac perché almeno passano un paio di mesi tra un esame e l'altro!
E pensare che all'ecg ci avevo quasi rinunciato! Mi sono detta che stavolta sarebbe stata l'ultima che ci avrei provato (tra un po' mi scadeva pure la ricetta!) Sono stata fortunata no?!
Devo controllare quel versamento pericardico ogni tanto perché mi fa sentire dolore al cuore. Spero non sia aumentato oltremodo da quando che me lo hanno diagnosticato: in pratica l'ho fatto una sola volta in vita mia (quattro anni fa ormai), e questa sarebbe la seconda!
E quindi, tutto è bene quel che finisce bene!