domenica 27 settembre 2015

La Musica Rapita (3)

— Per prima cosa ci nasconderemo tutti. Tranne nonno Geranio, naturalmente! Lui dovrà essere bene in vista quando comincerà a cantare. E quando Acarus cercherà di farlo sparire... io dovrò saettare più veloce di un lampo e raggiungere nonno Geranio.
“Oh cari amici, non posso dirvi che sarò invisibile per mezzo della magia della conchiglia magica. E non posso dirvi nemmeno che sparirò con nonno Geranio. Comunque, l’importante è che riuscirò finalmente a sapere se i nostri cari si trovano prigionieri nel regno di Acarus, oppure se...” Sirio non osò nemmeno pensare altro.
“Oh no no no... non ci voglio nemmeno pensare che li abbia fatti sparire per sempre”. Disse infine a se stessa, ma non pronunciò più nemmeno una parola.

— Che c’è Sirio? Sei diventata triste? — Le chiese Glìcine.

— Ma no, cara. Sto soltanto immaginando il momento in cui Acarus sarà sconfitto, e senza avere nemmeno il tempo di rendersene conto. — Mentì un pochino Sirio,
ma soltanto perché non voleva togliere loro, quel magico momento di buonumore e di speranza.
— Vedrai che andrà tutto bene. E spero di riportare al villaggio anche tutti i vostri cari. — E senza perdere altro tempo prezioso, finalmente si decise a chiedere una barca in prestito. Ora sapeva bene quel che doveva fare. Doveva soltanto organizzare ogni cosa.
— Amici, mi servirà una barca per stasera. dovrò allontanarmi in mare per un po’, ma presto sarò i ritorno. Intanto voi potreste radunare quanta più gente possibile, perché dovremo essere tanti e soprattutto uniti. Sconfiggeremo Acarus con l’unica arma possibile che abbiamo: il canto! E dovrà essere il canto corale più gioioso della vostra vita! Pensate di riuscire a reclutare gli abitanti degli altri villaggi?

— Ma... se canteremo... — Accennò timidamente Rosa.
 
— No, Rosa. Lui vi ha mentito. Non si nutre della vostra felicità, ma del contrario. E per tenervi lontano dall’armonia comune, vi impaurisce facendovi sparire uno alla volta.  E’ proprio questa vostra paura a renderlo sempre più forte. Ma se riuscissimo a radunare tante persone decise a cantare con gioia, lo sconfiggeremmo senza dubbio! Cosa ne dite? — Così parlò Sirio, ma proprio quel discorso, alla zia Zàgara fece venire in mente come cominciò tutta quella storia, e così cominciò a riassumere i fatti davanti a tutto il villaggio:
 
— Probabilmente Sirio ha ragione. Ricordate come tutto ebbe inizio? Non ci fu quella lite per chi doveva dirigere la festa patronale, che coinvolse proprio tutti al nostro villaggio? E non è forse vero che parteciparono anche gli abitanti degli altri villaggi?
— E non fu a causa di questa lite che non cantammo come avevamo sempre fatto negli anni passati? E infine, non fu proprio dopo questo fatto che Acarus fece la sua apparizione?
 
— Béh, ha ragione... — Disse uno.
 
— Sì, è vero! Andò proprio così. — Affermò un’altra.
 
— Ma certo!
 
— A me sembra un controsenso! Ma dobbiamo pur tentare. Non possiamo più continuare a vivere così. — Disse con decisione zia Zàgara.
 
Nonno Geranio e lo zio Gelsomino annuirono senza esitare, cosicché i più anziani del villaggio furono tutti d’accordo e cominciarono subito ad organizzarsi.
C’erano da percorrere alcuni chilometri, prima di poter raggiungere gli altri villaggi per comunicare la notizia. Perciò, nonno Geranio, zia Zàgara e zio Gelsomino scelsero con cura i ragazzi più robusti, adatti a svolgere quell’impresa faticosa.

— Raggiungeranno i quattro villaggi... Luppolo, Caprifoglio, Papavero e Mughetto. E non solo perché sono i più robusti, ma anche perché hanno le gambe più lunghe degli altri ragazzi! — Scherzò zio, Gelsomino facendo ridere tutti, ma solo un pochino. Infatti se ne ricordarono che avrebbero dovuto fingere di essere tristi ancora per un altro giorno.
 
Nel frattempo c’era chi aveva già preparato quattro bisacce con acqua, frittelle, e qualche frutto per quei giovani gambe-lunghe che dovevano affrontare un viaggio tanto faticoso. Ma c’era pure chi stava già cercando i punti migliori per potersi nascondere.
 
“Chissà perché mai ci dovremo nascondere! In fondo canterà solo nonno Geranio. Mah!, questa ragazza è un po’ misteriosa e si comporta in modo strano! Vuole andare in mare da sola, questa notte! Non la capisco affatto, ma sento che possiamo fidarci di lei.” Pensò zia Gerbera. E aveva proprio ragione a dar retta ancora una volta al suo intuito, che non l’aveva mai tradita in tutta la sua lunga vita. Infatti, zia Gerbera era molto famosa nel villaggio specialmente per quel suo intuito infallibile.
 
Intanto lo zio Gelsomino si stava impegnando a preparare tutto l’occorrente necessario, perché Sirio potesse uscire in mare con tranquillità e sicurezza.
Quando giunse la sera e la luna piena illuminò le acque del mare, zio Gelsomino controllò ancora una volta che ogni cosa fosse al suo posto, e controllò pure ogni asse della barca per assicurarsi personalmente che fosse in ottime condizioni.
 
— Grazie, zio Gelsomino. Sei molto caro a preoccuparti per me. — Gli disse Sirio avvicinandosi alla barca.
 
— Giovane amica, anche tu sei molto cara a preoccuparti per noi. — Rispose commosso il vecchio zio.
 
— Ma sei proprio sicura di voler andare in mare da sola? — Le chiese poi la zia Zàgara, quando l’abbracciò per salutarla.
 
— Sì, certo. Devo andare sola. Ma ci rivedremo presto, ve l’ho già detto. Sarò di ritorno prima dell’alba.
 
— Non ti chiederò di spiegarmi il motivo di questa decisione, perché se tu avessi potuto pararne, sono certa che già lo avresti fatto. Che il Grande Spirito del
Bene di protegga, figliola. — E così dicendo, l’abbracciò nuovamente.
 
— Ciao Sirio! A presto! Ti aspettiamo! — Gridarono Rosa, Glìcine e Margherita, quando la videro allontanarsi pian piano dalla riva, dirigendosi verso il mare aperto.
 
Non ci volle molto perché la perdessero di vista, tuttavia a Sirio dovette sembrare che il tempo scorresse pure troppo lentamente, perché non vedeva l’ora di giungere a destinazione.
Era davvero impaziente di raggiungere Faer, il Grande Scoglio, ma era anche impaziente di controllare se il sasso che si era procurata prima di partire, fosse ancora nella sua bisaccia. Le serviva proprio tanto, visto che era l’unico modo per contattare le sue sorelle. Non poteva permettersi di perderlo. Però non poteva lasciare i remi, perché correva il rischio di farsi trascinare dalla corrente che l’avrebbe portata chissà dove, perciò dovette aspettare di giungere a Faer per controllare.
 
Anche se le acque dell’Oceano Atlantico quella notte erano calme, Sirio dovette faticare non poco per tenere la rotta giusta. Erano pur sempre le vigorose acque dell’Oceano, quelle! E inoltre, era la prima volta che Sirio navigava con una barca, perciò tutta la sua attenzione doveva essere riposta in quell’operazione, per non rischiare brutte avventure.
Dopo molto remare, si era stancata così tanto che desiderava riposare. Era stata una gran bella fatica, perciò era veramente stremata. Tuttavia, appena cominciò ad intravedere i riflessi argentei della luna posarsi sul Grande Scoglio, una grande gioia la pervase.
Come d’incanto, Sirio sentì la stanchezza svanire tutto d’un tratto, quando pensò che molto presto avrebbe rivisto le sue sorelle. E fu per questo che riprese a remare con gran lena, per poter raggiungere Faer quanto prima possibile.
 
Quando arrivò, si sbrigò a legare la barca e a discenderne per poggiarsi subito sulla roccia a riposare, ma solo per qualche minuto. Giusto il tempo di riprendere fiato, poi cercò freneticamente il sasso nella bisaccia e cominciò con quello, a dare qualche colpetto ritmico sulla roccia.
Se avesse cantato le sue sorelle l’avrebbero riconosciuta subito e presto sarebbero risalite in superficie, ma se ne sarebbe accorto anche Acarus. E fu proprio questo il motivo per cui si era preoccupata così tanto di non perdere quel sasso.
Intanto, nelle profondità delle acque marine quel rumore ritmico provocato dal sasso che Sirio continuava a picchiare sul Grande Scoglio, echeggiò in ogni direzione. Ma prima arrivò fino alla Grande Stanza Reale, svegliando Re Nettuno.
 
— Chi osa disturbare il mio sonno? — Gridò quasi furibondo.
 
— Padre, abbiamo sentito anche noi questo rumore cadenzato, ma ci sembra come un richiamo più che un disturbo.
 
—Sì, è vero. Con Sirio facevamo un gioco di musica usando sassi e conchiglie... ma tanto tempo fa!
 
— Che fosse lei di ritorno? — Dissero le sirenette accorse nella Grande Stanza Reale.
 
— Sa bene che non può più tornare in questo regno, perché mai arrivare sul Grande Scoglio? — Tuonò Re Nettuno, ma per la verità, più che arrabbiato era ancora un po’ triste per il fatto che Sirio avesse lasciato il suo regno.
 
— Padre, e se fosse veramente lei? Forse dovremmo andare a dare un’occhiata. Magari da lontano, così chiunque sia non ci vedrà.
 
— E sia! — Concesse riluttante il Re Nettuno, benché sarebbe stato anche lui contento di rivedere la sua piccola Sirio.
— Ma ricordate cosa è successo a vostra sorella Jasmine! Non dovrete cantare per nessuna ragione al mondo, neanche se in cima allo scoglio ci fosse davvero Sirio. Ci siamo intesi? — Disse poi con voce autoritaria, perché non intendeva essere contraddetto.
 
— Sì, certo. Stai tranquillo! — Risposero in coro le sirenette.
 
— Possiamo andare ora? — Chiesero poi quasi con tono di supplica.
 
Le sirenette erano tanto impazienti di risalire in superficie, quanto frenetici erano quei colpetti ritmici che continuavano ad echeggiare in tutto quel Regno marino. Il Re Nettuno se ne rese conto, e finalmente fece un gesto di congedo con la mano.
Le sue figlie ci misero un attimo ad accettare quel congedo, ma naturalmente, solo dopo aver salutato con riverenza e gratitudine il vecchio Re. Nuotarono frettolosamente verso l’uscita del Palazzo, e poi si allontanarono dalle profondità dell’Oceano Atlantico, impiegando soltanto qualche minuto per giungere in superficie.
Erano talmente sicure che fosse stata Sirio a richiamare la loro attenzione, che si diressero direttamente al Grande Scoglio senza paure.
 
— Spero che quel mostro di Acarus non abbia fatto sparire anche voi! — Disse Sirio sottovoce, continuando a battere sulla roccia.
 
— Siiii!! E lei! E’ proprio Sirio. — Dissero felici le sue sorelle quando udirono la sua voce.
 
— Sorelline! Siete arrivate! Che bello, sono così felice. Ho temuto che Acarus avesse fatto sparire anche voi. Ma perché ci avete messo così tanto? Ero così preoccupata!
 
— Oh Sirio, siamo molto felici anche noi di rivederti. Abbiamo riconosciuto subito il nostro vecchio gioco, ma papà Nettuno non voleva farci risalire. E’ inutile che te ne spieghi il motivo, perché a quanto ho sentito ne sai forse più di noi circa Acarus. Probabilmente ciò che non sai è che sparita la scorsa Luna Piena, mentre cantava proprio su questo scoglio, come è nostro uso da sempre.
 
— Inoltre papà Nettuno è di pessimo umore perché non può agire oltre il suo regno marino. Anche per questo ci abbiamo messo un po’ prima di convincerlo a farci risalire.
 
— Ho un piano, sorelline! — Disse d’un tratto Sirio guardandole in viso una per una. E loro, quando udirono quelle parole, tacquero tutte e le si avvicinarono un po’ di più, proprio come se non volessero far sentire ad altri le parole che stava per pronunciare soltanto per loro.
— Possiamo sconfiggere Acarus, ma non so se potremo anche far tornare la gente scomparsa perché ancora non so dove le ha portate... e se le ha portate da qualche parte... — Annunciò loro con tristezza pensando a Jasmine. Ma poi riprese a dire quasi tutto d’un fiato:
— Ascoltate bene, abbiamo poco tempo a disposizione. Dovrò essere di ritorno prima dell’alba nell’isola di Cork. E’ da lì che arrivo!
Dopo di che Sirio spiegò loro ogni cosa, circa il piano da attuare la notte dopo. E quando ebbe finito, le rimase pure il tempo di stare un po’ in loro compagnia a chiacchierare semplicemente.  Parlarono di tante cose, ma soprattutto sperarono insieme anche di far tornare tutta la gente scomparsa, oltre a Jasmine naturalmente!
 
— Ora però dobbiamo andare. Fra poco sarà l’alba. Sirio, sei troppo stanca per remare ancora. Lasciaci tirare la corda della barca fino a quando avremo tempo a disposizione, così nel frattempo tu potrai riposare. Sarà una giornata molto dura domani. Avrai bisogno di tutte le tue energie, oltre che del nostro aiuto!
Sirio acconsentì di buon grado perché effettivamente si era stancata, eppoi perché avrebbe potuto trascorrere ancora un po’ di tempo con le sue sorelle, che durante il tragitto le avrebbero ripetuto le fasi del suo piano strategico. Ma quando giunsero a largo dell’Isola di Cork, ricordò loro ancora una volta:
— Non dovremo commettere errori. Tutto dovrà essere in sincronia. Confido nella potenza delle vostre voci e nell’amore che ci unisce. E per domani notte, canteremo insieme come ai vecchi tempi!
 
— Ci saremo, Sirio! — Dissero in coro le sirenette, poi la salutarono e si immersero frettolosamente nella profondità marina per tornare al Regno di Nettuno.
Era l’alba ormai, e il Re dei Mari non vedendo ancora tornare le sue figliole cominciava ad essere anche furioso oltre che preoccupato. Ma loro si sbrigarono presto a raggiungerlo e subito cominciarono a raccontargli ogni cosa.
Re Nettuno doveva sapere tutto e subito, perché soltanto a queste condizioni poteva organizzarsi al meglio con gli abitanti marini. Lui poteva fare in modo che quando avesse dato l’ordine di cantare, loro lo avrebbero fatto tutti assieme.
Questo era molto importante. Infatti, più il coro sarebbe stato grande e maggiore sarebbe stata la possibilità di sconfiggere Acarus. E così anche Re Nettuno avrebbe potuto dare il suo aiuto a Sirio, per la riuscita della sua difficile missione.
 
Intanto, sulla riva della spiaggia dell’isola di Cork, Glìcine e Margherita già aspettavano impazienti il ritorno di Sirio.
 
— Arriva!!! Arriva!! — Gridò d’un tratto Glìcine quando scorse un’imbarcazione in mezzo al mare. Non era poi così vicina da poterla riconoscere, ma sapeva che soltanto Sirio era andata in mare quella notte.
Naturalmente Margherita corse subito a chiamare gli altri abitanti del villaggio, perché nonno Geranio aveva dato proprio queste precise disposizioni ai ragazzi che stavano di vedetta: dovevano annunciargli il ritorno di Sirio e dei quattro “gambe-lunghe” mandati in ricognizione.
 
Dopo neanche un’ora si ritrovarono tutti riuniti nella stanza rotonda di zia Zàgara.
La vecchia zia, vedendo Luppolo, Caprifoglio, Papavero e Mughetto veramente stanchi, si precipitò a preparare una ricca colazione per tutti, prima di ascoltare ciò che avevano da dire.
“Per prima cosa, bisogna essere in piena forma fisica per intraprendere una missione pericolosa come questa”, pensò fra sé mentre riscaldava il latte in una grande pentola.
 
— Vi vedo stanchi ma felici! Avete dunque buone notizie? — Cominciò a chiedere nonno Geranio mentre tutti erano seduti in terra in circolo, ognuno con la propria tazza di latte caldo fra le mani.
 
— Oh sì, certo! Ci aiuteranno anche dalla parte del mare più lontana! — Rispose Sirio per prima.
 
— Sì, E anche dal villaggio ad Ovest arriveranno aiuti! — Disse Mughetto.
 
— E anche dal villaggio ad Est! — Affermò Papavero.
 
— Sììì. E anche da quello a Sud! — Confernò Caprifoglio.
 
— E da Nord? Arriveranno aiuti anche da Nord? — Chiese nonno Geranio quando non udì la risposta del quarto gambe-lunghe.
 
— Come mai non esulti Luppolo? — Ripetè la zia Zagara che lo vedeva starsene in disparte mogio mogio. Ancora non aveva ascoltato la sua voce.
 
— Sai nonno, c’è una brutta notizia: da Nord non potrà arrivare nessuno perché il villaggio è completamente disabitato. Non ci ho trovato proprio nessuno! E non perché si erano nascosti. Li ho chiamati a lungo ma non ho ricevuto alcuna risposta. E neanche perché avevano abbandonato il paese, altrimenti avrebbero fatto almeno le valige.
— Ho capito quasi subito che li aveva fatti sparire Acarus. Me ne sono accorto perché le cose che vengono usate tutti i giorni erano ancora lì. — Rispose tristemente Luppolo.
 
— Basteremo, vedrai! Non ti abbattere così! — Cercò di consolarlo Sirio, pur se in cuor suo era dispiaciuta quanto gli altri per il fatto che il villaggio del Nord era ormai completamente disabitato.
 
— Basteremo e lo sconfiggeremo. — Le fece eco zia Zàgara, mentre gli riempiva di nuovo la tazza di latte.
 
Gli abitanti del villaggio, intanto parlavano ad alta voce. Esprimevano le loro preoccupazioni e parlavano del villaggio del Nord ormai disabitato, delle loro paure... Ma nonno Geranio dovette farli smettere prima che dilagasse il panico:
 
— Ora non vi agitate! Ricordatevi che avremo bisogno di tutte le nostre energie per distruggere Acarus. Eppoi, dobbiamo restare calmi, altrimenti se ne accorgerà! Non dovremo commettere errori. Confido nel vostro buonsenso. — Disse con semplice saggezza, e tutti lo ascoltarono.
 
Quando giunse il momento di mettere in pratica il piano, ognuno si nascose nel posto che zia Zàgara aveva loro assegnato. Era stata lei a cercare i posti migliori e a sistemarli tutti... tranne nonno Geranio, naturalmente! Lui doveva cantare da solo, al centro del villaggio.
Ogni particolare era stato preparato con cura. Tutto era pronto, e tutti erano preparati a fare a loro parte. Nonno Geranio li salutò prima di cominciare a cantare, ben sapendo che forse non li avrebbe più rivisti. Poi, la sua voce risuonò nell’aria come il canto di un fringuello.
 
“Aveva proprio ragione a proposito della sua voce!”, pensò Sirio dal suo nascondiglio. Poi però, con la conchiglia stretta fra le mani, espresse il desiderio di diventare invisibile. Doveva raggiungere al più presto nonno Geranio!
Fece appena in tempo a raggiungerlo e a stringere con la mano un pezzetto della sua camicia, perché alla prima strofa della canzone Acarus fece la sua apparizione con il raggio di luce per far sparire il nonno.
Fu come essere risucchiati da un vortice di energia, e in un battibaleno fu trasportato nel regno di Acarus.
Lui era seduto su di una nuvola tutta nera, e rideva, rideva, rideva...
 
— Stupido vecchio impavido! Credevi che ti avessi lasciato straziare le mie orecchie con quel terribile canto? Imprigionerò anche te in una di queste nuvole, cosicché, se ti venisse voglia di piangere di tristezza, allora ci penseresti tu stesso ad allagare il villaggio di Cork con le tue lacrime, fino a sommergerlo!
— E se invece ti venisse voglia di cantare per sfidarmi un’altra volta, allora sarò io a bruciare il tuo villaggio, e fino all’ultimo filo d’erba! — Disse Acarus con voce stridula e tanta tanta cattiveria. Poi, quando vide la paura negli occhi di tutti i suoi prigionieri, cominciò a ridere ancora più forte di prima.
 
“Eh già! Si nutre proprio della paura, questo mostro!”, pensò Sirio, e intanto il suo sguardo scorreva fra una nuvola e l’altra per scoprire quale fosse la prigione di Jasmine.
Quando la vide le andò subito incontro, e fu un bene, perché Acarus proprio in quel momento aveva cominciato a usare la formula magica che avrebbe imprigionato nonno Geranio. Infatti, anche se lei era invisibile, rischiava comunque di essere imprigionata insieme al nonno se gli fosse restata ancora vicino.
A quel punto del piano avrebbero dovuto cominciare a cantare da più parti: giù in terra, in mare e in cielo. E sarebbe dovuto essere il coro più grande e gioioso della storia di Cork! Poi tutti gli scomparsi avrebbero potuto far ritorno al villaggio, perché erano soltanto prigionieri della paura.
Questa sì che era una buona notizia: non erano spariti del tutto!
 
— Jasmine non temere, sono Sirio. So che non puoi vedermi, ma ascoltami: quando sentirai il canto venire da mare e terra, comincia a cantare anche tu. — Le disse
con fretta. Doveva sbrigarsi a dirle quelle cose importanti perché il canto sarebbe cominciato da un momento all’altro.
— Io resterò con te: non saprei proprio come tornare se non con voi, ma soltanto dopo aver sconfitto Acarus. Tutti insieme. Cantando a gran voce!
 
— Cara Sirio, sei proprio tu! Non posso crederci... — Fece in tempo a dire Jasmine, quando un coro di voci aggiunse il loro udito.

— E’ il momento Jasmine! — Le disse Sirio allarmata, e tutte e due cominciarono a cantare per unirsi a quel coro che presto avrebbe rotto l’incantesimo.
Anche nonno Geranio e gli altri prigionieri ora cantavano, e così il coro divenne sempre più grande, forte e gioioso.
 
— Ma... chi osa? — Disse Acarus irritato più che mai. Però riuscì a dire soltanto quelle tre parole, perché poi tutti poterono udire il suo rabbioso grido di sconfitta echeggiare nel cielo pieno di nuvole.
Pian piano che il canto si faceva sempre più alto e allegro, tutte le nuvole, comprese quella nera su cui era seduto Acarus, scesero in terra proprio nel posto esatto in cui erano scomparse le persone. E finalmente lì si disciolsero in piccole pozze d’acqua, lasciando che i prigionieri ne uscissero liberi.
 
Comunque, quando la nuvola nera su cui Acarus sedeva si era disciolta in acqua, anche tutta la paura della gente che lui aveva racimolato in tutto quel tempo
in quella nuvola ritornò sulla terra sotto forma di acqua. Cosicché, da quel momento in poi, fu di grande importanza per tutti che si ricordassero che la paura era tornata sulla terra.
Ora sapevano molto bene che non avrebbero dovuto mai più lasciare che la paura prendesse il sopravvento su di loro, come già era accaduto. Infatti, proprio a causa della paura tutti avevano rischiato di non esistere più.
Certamente, questa lezione nessuno l’avrebbe mai più dimenticata tanto facilmente! Anzi, sarebbe stata tramandata ai discendenti, affinché non avessero anche loro simili guai in futuro.
 
Quella notte ci fu una gran festa in tutti i villaggi, e pure in quello del Nord si cantò e ballò fino a tarda notte. Tutti erano tornati al loro posto e tutti erano felici. Anche Jasmine riapparse sul Grande Scoglio, ed era ancora incredula per tutto ciò che aveva visto e sentito, ma le voci delle sue sorelle che le facevano festa le dissero chiaramente che non stava sognando affatto.
Fra non molto avrebbe anche rivisto la sua cara giovane sorellina, Sirio. Ma era quasi l’alba, e presto dovette prendere la decisione di tornare prima da suo padre, Re Nettuno. Non potendo restare oltretempo esposte alla luce del sole che stava appena sorgendo, le sirenette dovettero sbrigarsi ad immergersi nelle acque dell’Oceano Atlantico.

Nessun commento: