lunedì 17 gennaio 2011

Sanità e Santità (2)

Le coincidenze non sono mai tali:
sono un velo dietro il quale si nasconde la Via
che “qualcuno/qualcosa” ci suggerisce di seguire.

Perciò, se vogliamo proprio dirlo (ma senza crederci troppo!), è stato soltanto per “caso” che sono stata ricoverata con urgenza all’ospedale di Albano.
Comunque mi sono resa conto subito di essermi trovata nel posto giusto, con le persone giuste e nei tempi giusti per avere il primo approccio alla conoscenza del problema che avrei dovuto affrontare, con l’aiuto (anche psicologico) della migliore équipe medica che io abbia mai conosciuto in vita mia.
Devo specificare (ancora una volta) che con il termine migliore intendo dire “medici che usano un braccio di coscienza” quando lavorano e quindi, migliore va inteso a prescindere dall’esperienza. Ma va da sé che quando si usa la coscienza, la professionalità non difetta!
Certo è che sono mai stata una gran frequentatrice di sanità, tuttavia ho potuto constatare quella verità solo dopo essere passata in breve tempo per altri due ospedali.
Infatti, trascorsa una settimana tra analisi ed esami diagnostici, avevo poi dovuto lasciare il Regina Apostolorum per andare in una struttura più attrezzata a risolvere urgentemente il problema.
Certamente mi sarebbe mancato il calore umano di cui avevo goduto durante quella breve degenza, ma la cosa importante restava il fatto che avevo conosciuto le persone giuste nel momento giusto. Infatti proprio grazie a loro mi sarei ritrovata con il coraggio necessario ad affrontare quel danno fisico, poiché mi avevano aiutata a conoscerlo e ad accettarlo, e mi avevano anche fatto comprendere che bisognava avere tanta voglia di vivere per sconfiggere quella malattia... Presto avrei imparato a non avere paura di ricevere il diritto di godere la vita pienamente.

Come sono arrivata ad Albano (ben lontano da casa mia) è presto detto:

le cose vanno sempre come devono andare!


Giovedì mattina, 14 Aprile 2005

Qualche settimana prima, mia madre scelse di affidarsi all’ospedale di Albano per capire la provenienza di quel malessere che la stava accompagnando da diversi giorni. Aveva deciso di sottoporsi ad una serie di accertamenti clinici di sua spontanea volontà! Incredibile ma vero... proprio lei che si è sempre dimostrata ostile all'idea del ricovero, anche in quei casi palesemente più gravi. Comunque sia, fu proprio grazie a questa sua inaspettata decisione che in seguito ebbi modo di salvarmi la vita.
Il medico che l'aveva assistita durante la settimana di degenza disse che non era emerso nulla di inconsueto dalle ricerche effettuate, quindi concluse che mia madre era “soltanto un po’ depressa” e che era questo l’unico motivo che le stava causando quello stato di malessere. Tuttavia quel “soltanto un po’ depressa” non era andato né su e né giù a nessuno di noi, poiché sapevamo che il periodo più brutto della sua vita mamma coraggio lo aveva affrontato abbastanza bene, nonostante il grande dolore che aveva stravolto nel profondo il suo essere. Perciò questa presupposta depressione che le veniva attribuita non stava né in cielo né in terra, secondo noi.
E neanche mia madre concordava:
“Ma depressa di che? E cosa ci devo fare con questa roba!? Io quest’immondizia non la prendo!” ci diceva mentre guardava gli psicofarmaci che le avevano dato poco prima di dimetterla.
Così, quando poi fu tempo di andare a ritirare la cartella clinica decidemmo, mia sorella ed io, di fermarci a parlare più a lungo con il medico in questione, che oltretutto si era permesso anche di bistrattare MariaSole quando lei chiese ulteriori delucidazioni.
Per questo maltrattamento che la più piccola delle mie sorelle aveva subìto mi sentivo un po’ in colpa. Se quel medico aveva bistrattato MariaSole, era accaduto soltanto perché era stato con lei che si era incontrato quando si trattò di informare un familiare delle condizioni di Eva. Infatti era stata lei ad occuparsi di tutta la routine che c’è dietro un ricovero: accompagnarla in ospedale, portarle il cambio della biancheria, farle compagnia, parlare col medico...
Sarebbe toccato a me svolgere questo compito visto che ormai da qualche anno ero diventata (causa forza maggiore) la più grande dei suoi figli, ma non lo feci perché mi trovavo ancora nella fase “leccarsi le ferite” nonostante fossero già trascorsi 6 mesi dall'intervento chirurgico. Un’isterectomia che avevo subìto così repentinamente e brutalmente, che mi aveva traumatizzata non poco.
Chi non sa quanto sia dura da mandar giù questa brutta notizia per una donna che ancora spera di far nascere una vita? Sicuramente è uno shock devastante di per sé sapere di dover rinunciare al proprio utero (l’albergo dei bambini lo chiamo io!). E se ci aggiungiamo che la causa è un carcinoma di alto grado focalmente microinvasivo, la tristezza aumenta ulteriormente. Un “CIN3 HSIL” per essere precisi, che stava lì già da molti anni e che nessun pap test effettuato prima aveva evidenziato in tempo utile!

Dunque, quando venni a sapere che il famigerato medico aveva maltrattato la mia sorellina, finalmente quel torpore psicologico mi abbandonò e decisi di andare con MariaSole a ritirare la cartella clinica di Eva, per poi cercare e parlare con questo signor arroganza al quale gliene avrei dette certamente quattro (come si dice!), perché... “Non è questo il modo di parlare ad una figlia preoccupata per lo stato di salute di sua madre”.
Perciò, con la cartella clinica in mano ci recammo al reparto di medicina generale per scovare il dottore in questione, e devo dire che fummo pure fortunate a trovarlo subito, e libero! In verità era intento a finire di scrivere una relazione al computer. Attendemmo pochi minuti, poi potemmo interagire.
Naturalmente non lo aggredii subito: non sono mica così strega! Dovevo e volevo prima sapere che tipo di persona fosse e poi, di conseguenza re-agire. E così feci.
Con una sorta di calma apparente (ma in effetti ero proprio incavolata!) cominciai a domandare, ad ascoltare le risposte, e a domandare ancora, parlando infine anche di fatti non inerenti alla condizione di salute di mia madre, fino ad arrivare a discutere un po' più in generale della sanità. Dialogando a questo modo (non ci crederete!) lo trovai addirittura affabile e perciò non potei fare altro che constatare che in fin dei conti, probabilmente, il giorno del’atto incriminato (cioè quando aveva maltrattato MariaSole) evidentemente il dottore aveva ... le mestruazioni!
Embèh?! Non dicono lo stesso di noi quando siamo nervose? E allora mi permetto di dirlo anche io nei suoi confronti, pure se è un maschio!
Insomma, alla fine ho creduto che quel giorno fosse soltanto nervoso (anche i dottori sono esseri umani!) e per questo scelsi di non inveire. Non lo trovai così ostile da meritarsi un cazziatone seduta stante, e così la mia rabbia scemò di colpo. E forse proprio grazie a questo, poi ricevetti anche informazioni molto utili per il mio caso. Infatti, man mano che si parlava, oltre ad averci ripetuto che nostra madre non aveva nulla che non andasse fisicamente (ma lo stesso non ci aveva convinte perché quei capogiri e quella stanchezza cronica da qualcosa dovevano pur essere provocati!), il discorso andò poi andato a finire per le larghe, fino ad arrivare a parlare dei tempi lunghi degli appuntamenti presi tramite il Cup. Ed è stato a questo punto che ho esplicitato la mia lamentela sul fatto di dover aspettare così tanto tempo per fare una broncoscopia.
“Perché deve fare questo esame?”, mi chiese guardandomi serio.
“Per scoprire l'origine dell’emottisi che mi sta accompagnando ormai da qualche mese” risposi tranquilla e ben lontana da qualsiasi sospetto di grave malattia in corso.
Ma a questo punto il signor ex (ormai) arroganza mi guardò sbigottito, e nel contempo mi consigliò caldamente di sbrigarmi ad andare al piano superiore (al reparto pneumologia) per spiegare la mia condizione al medico di turno:
“Non perda altro tempo prezioso e si faccia ricoverare immediatamente!”
Doccia fredda! anzi... freddissima!! Se mi stava parlando a quel modo allora, pensai, la cosa era grave e io la stavo sottovalutando.
E dire che fino a quel momento mi stavo ancora “piangendo addosso” per l’altro recente intervento chirurgico sperando che la cosa fosse finita lì, e invece ora mi ritrovavo a dover affrontare un altro ricovero?!
Naturalmente non avevo ancora realizzato perché fosse così preoccupante la mia condizione, nonostante fossero già quattro mesi che espettoravo sangue, ma da come si era raccomandato il medico non facemmo altro, MariaSole ed io, che ringraziare, salutare e salire fino al piano superiore, reparto pneumologia.
Ah quanta verità in quel vecchio adagio che recita: “non c'è miglior sordo di chi non vuol sentire”! Lo so bene io visto che lo stavo sperimentando proprio su di me... non volevo credere/sentire di avere a che fare ancora una volta con il cancro...

Mentre aspettavamo l'arrivo del pneumologo, tra il silenzio nel reparto (erano circa le 14.00) e il ripiegamento su me stessa, ebbi tutto il tempo di pensare a cosa sarei andata incontro se mi avesse confermato la gravità della situazione. Naturalmente non riuscivo neanche ad esternarlo a mia sorella. E infatti di questo parlammo poco e niente fra di noi. Ad un certo punto però, complici i ricordi del mio precedente ricovero, fui presa dal panico e pensai bene di dirigermi verso l'uscita per andarmene via, mentre lo dicevo a MariaSole che restò di stucco.
“Andiamo via, andiamo via” ripetevo a lei e specialmente a me stessa. E in men che non si dica mi ritrovai davanti la porta che cercai di aprire alla svelta, ma questa rimase chiusa nonostante i miei ripetuti tentativi. Esatto! Non ero riuscita ad aprirla neanche insistendo. Sembrava bloccata, incastrata... E nel frattempo che tentavo (inutilmente) di aprire la porta, MariaSole mi diceva che bene avrei fatto ad “ascoltare quel segnale” e che dovevamo tornare in sala d’attesa. Poi però, vedendo che insistevo, anche lei aveva provato ad aprirla ma senza ottenere risultati e quindi, ancora più convinta, mi ripeté di restare.
“Dai, ormai siamo qui, sentiamo almeno il parere di questo dottore!”
Ma che fortuna per me si era poi rivelato quello strano contrattempo! Ed era strano sì visto che quella porta in realtà non era affatto bloccata! Entrambe ce ne rendemmo conto poco dopo, quando entrò proprio da lì una coppia di infermieri che cominciava il turno. Non riuscivo a crederci... ma era chiaro che dovevo ascoltare quel segnale e restare.

Ci eravamo appena allontanate per tornare in sala ma ci trovavamo ancora in corridoio, in quel mentre arrivò l'infermiera per informarci che il pneumologo stava arrivando, e siccome ci trovò fuori posto, ci chiese gentilmente di accomodarci nella sala d'attesa.
Sul suo viso traspariva uno stato di perplessità. Era evidente che aveva assistito alla scena: MariaSole che davanti a quella porta ostinatamente chiusa mi diceva “ormai siamo qui perché andarsene proprio ora?” e io che, insistendo a volerla aprire, le rispondevo quasi con le lacrime agli occhi “no, no, andiamo via... andiamo via...”

Il dottor Longo ci raggiunse poco dopo in sala d’attesa. Gli bastò farmi qualche domanda per richiedere il mio ricovero immediato. Mi disse:
“Vada a casa, mi porti la radiografia toracica che ha ritirato questa mattina e prepari il necessario per stare qui una settimana”.
Il suo tono era calmo, dolce, comprensivo, ma lasciava bene intendere la gravità della situazione. Ci aveva convinte immediatamente! Beh, forse è meglio dire che MI aveva convinta ad affrontare quel ricovero, e senza trasmettermi ulteriore panico.
Sì, le lastre le avevo ritirate proprio quella mattina stessa, poco prima di andare a ritirare la cartella clinica, ma non avevo volute lasciarle in macchina ed ero tornata a casa a posarle (...). Comunque, il responso non era affatto entusiasmante: c'era un buco nel polmone sinistro. Un buco grosso così! (4 cm x 2 cm).
Dunque, non era certamente a causa della rottura di una piccola vena della gola che espettoravo sangue (come mi era stato detto dai quattro medici ai quali mi ero già rivolta inizialmente), e perciò non potevo assolutamente aspettare altri tre mesi (stando ai tempi della prenotazione tramite il Cup) per sottopormi alla broncoscopia.


Giovedì pomeriggio, 14 Aprile 2005

Il pneumologo, che Dio lo benedica ora e sempre per la sua umanità e per la sua solerzia, certamente aveva già capito che si trattava di cancro, tuttavia in ospedale fui sottoposta a tutte le analisi del caso per confermare (o smentire) la diagnosi presunta. Ed è stato in questa settimana di ricovero che ho provato mille emozioni tra paura, speranza, rabbia, incomprensione e non per ultima, continuava a persistere anche l'incredulità, pure davanti alla evidenza dei fatti!
E invece posso soltanto immaginarle le emozioni che deve aver provato Mariasole: la mattina eravamo andate semplicemente a ritirare una cartella clinica, e il pomeriggio lei si ritrovava ad accompagnarmi di nuovo in quell’ospedale per un ricovero d’urgenza...
Non c’è che dire: una giornata davvero piena di sanità quella appena trascorsa. Andata e tornata dallo stesso ospedale per ben due volte e arrivata a sera, non potè neanche parlarne con mia madre per non farla preoccupare. Decidemmo di aspettare il risultato degli esami per informarla.
Intanto io ero totalmente spaventata e spaesata, e con questo stato d’animo mi accingevo a trascorrere i prossimi giorni.

Nessun commento: